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La Cina rafforza il suo soft-power nell’area Euroasiatica – IC&Partners
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La Cina rafforza il suo soft-power nell’area Euroasiatica

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Dalla nostra sede IC&Partners Asia

 

Alcuni studiosi hanno tracciato dei parallelismi fra il programma di rilancio dell’Europa nel secondo dopoguerra, noto con il nome di Piano Marshall, ed il piano One Belt, One Road (il programma promosso dal governo cinese per favorire la connettività e la cooperazione nell’area euroasiatica). Tuttavia, occorre rilevare che c’e’ una importante differenza: mentre il Piano Marshall aveva per gli USA anche l’evidente obiettivo di contenere l’espansionismo dell’Unione Sovietica in Europa,  i leader cinesi hanno sempre sottolineato che il piano One Belt, One Road non intende creare una nuova area di egemonia politico-militare che riproponga nel XXI secolo la contrapposizione bipolare creatasi durante la Guerra Fredda.

Nonostante le rassicuranti dichiarazioni della leadership cinese, è evidente che Pechino sta comunque edificando, per mezzo di questi investimenti infrastrutturali, un nuovo assetto economico nell’Asia centro-orientale, ponendo i paesi di quest’area in un crescente rapporto di dipendenza dalla Cina. Infatti, il piano One Belt, One Road si fonda prevalentemente su accordi bilaterali ed ha una struttura nella quale Pechino rappresenta il fulcro di una fitta rete di relazioni economiche e politiche grazie alla quale la Cina intende riposizionarsi quale potenza dominante e garante della stabilità nell’Asia centro-orientale.

Per la realizzazione del piano One Belt, One Road, il governo cinese ha promosso nel 2014 l’istituzione di due nuove entità finanziarie: l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), una banca di sviluppo con un capitale iniziale di 100 miliardi di USD alla quale hanno aderito 57 Paesi (tra cui Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania), ed il Silk Road Fund, un fondo dotato di 40 miliardi di USD.

Nel corso della cerimonia inaugurale dell’ASEM Industry Dialogue on Connectivity, svoltosi a Chongqing nel maggio 2015, il Vice Premier cinese Zhang Gaoli ha dichiarato che la Cina, tramite l’AIIB ed il Silk Road Fund, avrebbe investito nel corso degli anni successivi ben 900 miliardi di USD per finanziare le infrastrutture che sorgeranno lungo la nuova Via della Seta con l’obiettivo di favorire l’integrazione tra Asia ed Europa.

Anche la fondazione della AIIB, da molti considerato uno strumento complementare al sistema di Bretton Woods, è l’espressione della ritrovata potenza cinese nel consesso internazionale. Basti considerare che la maggior parte delle risorse finanziarie messe a disposizione dell’AIIB provengono dalla Cina e che il regolamento della AIIB consente alla Cina di esercitare un potere di veto in merito alle decisioni strategiche. Diversi analisti ritengono che in futuro la Cina potrebbe utilizzare l’AIIB anche per gestire a livello di diplomazia economica le tensioni regionali risultanti dalla sua ascesa.

Nel corso del suo recente viaggio in Uzbekistan (giugno 2016), il presidente cinese Xi Jinping (oltre a firmare un accordo che eleva i rapporti tra Cina e Uzbekistan a livello di partnership strategica complessiva) ha tracciato un primo bilancio dei risultati finora raggiunti nell’ambito del piano One Belt One Road: “La Cina ha firmato accordi di cooperazioni economica con 20 Paesi ed ha istituito 46 zone di cooperazione all’estero in collaborazione con 17 Paesi lungo la Via della Seta. Le imprese cinesi hanno investito in totale più di 14 miliardi di USD, creando 60 mila nuovi posti di lavori. L’AIIB è entrata ufficialmente in funzione, con 57 paesi firmatari, e sono stati efficacemente istituiti il Silk Road Fund ed il China-Eurasia Economic Cooperation Fund. La realizzazione del piano One Belt, One Road ha già completato la sua fase preliminare e si avvia ad entrare nella sua fase di sviluppo”.

Nel discorsi del Presidente Xi Jiping si trova conferma che il soft-power cinese non impone blocchi ideologici e militari ma costruisce una comunità di interessi inclusiva attraverso la cosiddetta diplomazia delle infrastrutture, presentandosi oggi ulteriormente ammantato dall’aura romantica della leggendaria Via della Seta.

Una politica già collaudata da tempo dal governo cinese che unisce i finanziamenti per costruire le infrastrutture con il trasferimento degli aspetti vincenti del proprio modello di sviluppo: questa strategia risulta tanto più efficace con i paesi dell’Asia Centro-orientale che condividono con Pechino un modello di ricerca del consenso e di legittimazione politica basato sui livelli di crescita economica che il governo riesce a garantire. Vista in quest’ottica, l’impegno cinese lungo la nuova Via della Seta non potrà che essere orientato all’efficienza e al mantenimento degli impegni presi.

Il piano One Belt, One Road rappresenta anche un ulteriore tassello con il quale la Cina intende rafforzare la sua presenza nei paesi dell’Europa orientale e nell’area balcanica. Lo dimostrano le recenti visite del presidente Xi Jiping a Varsavia (dove sono stati siglati accordi che hanno elevato le relazioni bilaterali tra Cina e Polonia al livello di partnership strategica complessiva) ed a Belgrado (dove il presidente cinese ha sottoscritto 22 accordi di cooperazione con il governo serbo, rafforzando un rapporto di cooperazione tra i due Stati che ha già portato numerosi investimenti cinesi in Serbia).

In precedenza, nel giugno 2015, la Cina e l’Ungheria, nell’ambito del piano One Belt, One Road, avevano firmato un’intesa che prevede la modernizzazione della ferrovia Budapest-Belgrado e la costruzione della linea express terra-mare che collegherà Budapest con il porto greco del Pireo (del quale l’impresa cinese Cosco ha acquisito nel 2009 il 50% dei diritti commerciali): la capitale ungherese diventerà così uno snodo da dove le merci potranno viaggiare a est verso l’Ucraina e a nord verso la Polonia e il Baltico. Si tratta di una linea ferroviari ad alta capacità (non ad alta velocità) con quattro binari per treni merci ed un tracciato senza pendenza in modo da poter movimentare vagoni estremamente lunghi, in grado di trasportare un numero molto maggiore di container rispetto ai vagoni normali.

Un caso emblematico che testimonia la competitività della Cina (anche grazie alla leva finanziaria) nel realizzare progetti infrastrutturali all’estero è rappresentato dalle vicende relative all’autostrada Bar-Boljare, prima tratta della grande arteria che collega il porto montenegrino di Bar con Belgrado: la società croata inizialmente incaricata di realizzare questo progetto ha dovuto rinunciare all’appalto perché non è stata in grado di trovare finanziatori; ne ha approfittato una società cinese che ha proposto un progetto “chiavi in mano” supportato da un finanziamento, a condizioni molto favorevoli, della Exim Bank of China pari a 700 milioni di euro, in grado di coprire quasi interamente i costi dei lavori.