Il trattamento dei compensi degli amministratori in Italia e all’estero
Accade spesso che all’interno dei gruppi societari, anche di piccole dimensioni (c.d. multinazionali tascabili), uno degli amministratori sia legato da un rapporto di lavoro dipendente con un’altra società del gruppo, o risulti amministratore anche di questa. Questa situazione, che richiede attenzione sul trattamento dei compensi, si riscontra soprattutto nei gruppi societari a respiro internazionale, quando la società italiana intende nominare a rappresentante della propria società controllata estera una persona di propria promanazione che possa garantire, oltre agli interessi della casa-madre, anche le capacità professionali richieste.
Come valutare il trattamento dei compensi degli amministratori?
Da valutare con attenzione è il trattamento da riservare ai compensi erogati agli amministratori. Non tratteremo qui invece gli aspetti legati agli adempimenti ed alle conseguenze dell’invio di personale all’estero, ed anche ai possibili conflitti di interesse che tale impostazione può in alcuni casi generare.
Va intanto chiarito come il tema non possa essere generalizzato, dovendosi necessariamente riferire alla normativa interna degli Stati interessati; ma i casi sono riconducibili a tre situazioni. Accade infatti che in alcuni casi (rectius Paese) l’amministratore di una società possa non percepire un compenso e non sia pertanto assoggettato ad obblighi di natura fiscale o previdenziale; in altri casi invece vi è la possibile rinuncia ad un compenso ma l’assoggettamento alla previdenza locale o, infine, casi in cui la percezione di un compenso sia condizione imprescindibile per consentire il rilascio di un visto di lavoro per l’amministratore italiano di una società dello Stato estero (tipicamente extra UE).
Nonostante le variegate ipotesi di partenza, è comunque possibile dettare alcuni principi cardine cui fare riferimento nel caso di un soggetto italiano, dipendente o amministratore di una società italiana, che venga nominato alla carica di amministratore di una società di diritto estero e che per tale impegno percepisca un compenso.
Ai fini fiscali, è necessario fare riferimento all’art. 16 (Directors’ fees) della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia ed il Paese di residenza della società presso la quale tale soggetto ha assunto la carica. Di norma tale articolo prevede la tassazione concorrente di tale reddito, sia nel Paese della fonte (quello cioè dove il reddito viene generato ed erogato) sia in quello di residenza dell’amministratore (l’Italia nel caso prospettato). La doppia imposizione viene eliminata attraverso il meccanismo del riconoscimento del credito d’imposta in dichiarazione dei redditi nel Paese di residenza della persona fisica percipiente il compenso. Le imposte devono intendersi pagate a titolo definitivo ovviamente.
Rimanendo in ambito fiscale, e tralasciando le implicazioni di natura previdenziale del compenso estero, può accadere che l’amministratore o dipendente di una società del gruppo, ad esempio la controllante italiana, sia tenuto a riversare a quest’ultima il compenso di amministratore ricevuto all’estero. Si parla in questo caso di compensi reversibili in cui, per accordi presi con il proprio datore di lavoro o società amministrata, gli altri compensi percepiti dovranno essere riversati.
In tale situazione, il compenso non rileverà in capo al lavoratore, in virtù del principio generale secondo cui non configurano un reddito imponibile in capo alla persona le somme di cui il dipendente non ottenga, in alcun modo, la disponibilità. Recita infatti l’Art. 50 c. 1 lett b) del TUIR rappresentano reddito imponibile “Le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato”.
Il costo sostenuto dalla società erogante (estera) sarà comunque deducibile per competenza, mentre la società (controllante) dovrà assoggettare ad imposizione il corrispondente compenso sempre seguendo il principio di competenza.
Approssimandosi il periodo dei dichiarativi per le persone fisiche e per le persone giuridiche, si consiglia di monitorare le diverse situazioni che si possono generare all’interno del gruppo, avendo a mente che una errata compilazione della dichiarazione di una persona fisica che si trovi in uno dei casi sopra accennati, potrebbe avere dei riverberi anche sulla compliance dei dichiarativi della società.
IC&Partners è in grado di assistere negli adempimenti periodici sia le persone fisiche che le persone giuridiche che facenti parte di gruppi societari, di piccole e grandi dimensioni.