LE PMI VANNO ALL’ESTERO VIAGGIANDO IN COMITIVA
Il 95% delle 197mila aziende esportatrici italiane ha un massimo di 10 dipendenti. Ecco perché occorre fare sistema per crescere. Ne parliamo con Roberto Corciulo, presidente di IC&Partners
di Riccardo Venturi
E’ stato l’export a tenere a galla il Paese per tanti anni. Ora che la crisi pandemica sta trasformando il
commercio internazionale, le nostre aziende esportatrici sono di fronte a un bivio. Se capiscono che per affrontare i nuovi mercati globali devono fare sistema, attraverso reti di imprese o consorzi,
hanno la possibilità di crescere e di trasformare una sfida epocale in opportunità. Ma se non lo fanno, cedendo ancora una volta all’atavico vizio di voler a tutti i costi restare piccole e autonome, saranno travolte e sommerse dai marosi della crisi. È l’avvertimento di Roberto Corciulo, partner e presidente di
IC&Partners, società di consulenza per l’internazionalizzazione che opera da anni accanto alle imprese supportandone il processo di ingresso e di sviluppo sui mercati esteri.
Corciulo sottolinea che il 95% delle nostre circa 200mila aziende esportatrici sono micro imprese con meno di dieci dipendenti.
Una condizione inadatta a almeno una delle grandi accelerazioni imposte dalla pandemia: quella in direzione della nascita di macro-blocchi commerciali, come quello asiatico nato in Cina lo scorso novembre con la firma del grande accordo di libero scambio di cui fanno parte anche Giappone e Corea. Per operare in quelle macro aree è sempre più necessario avere una presenza in loco: produttiva, di after sale o almeno logistica. Per una piccola azienda è una mission impossible.
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Fonte: Economy Mag